28/04/18 By Andrea

Ho sempre odiato il Marketing

Tratto da:

Da Brand a Friend

di Robin Good

 

Ho sempre odiato il Marketing.

Il nome, la parola, l’odore, ma soprattutto le persone che ne parlano con tanta soddisfazione e spavalderia, non mi hanno mai attratto.

Per quanto affabili, cordiali e pieni di idee ed energia, questi imprenditori, agenti, direttori marketing hanno tutti una caratteristica in comune. Corrono per far più soldi. Per vendere di più.

Li riconosci subito, perchè quando hanno la possibilità di sfoggiare i loro successi e le loro soddisfazioni parlano sempre di crescita, di fatturato, dei nuovi uffici che hanno aperto e di quante persone in più hanno assunto.

Hanno un unico scopo: produrre più soldi.

Se vai a vedere i loro prodotti, sono belli, ben fatti, curati e funzionali. Vengono serviti e impacchettati come fossero gioielli e venduti come animali rari in via di estinzione.

Ma quando scavi appena sotto i loro pavimenti, tappezzati di marmo e oro, trovi solo cartapesta marcia, sabbia e bitume.

Quando vai a curiosare chi fa parte delle loro fila, trovi persone dedicate, dirigenti e produttive, ma non trovi nessun vero esperto della materia prima trattata. Trovi esperti di business, marketing, vendite, acquisizioni, branding. Ma non trovi chi, appassionato, è lì per creare valore ancor prima che guadagno.

L’equazione: creo, promuovo e vendo per guadagnare e realizzare un’azienda di successo è apparentemente inattaccabile. Ma non è l’unica.

L’idea di “spingere”, di “persuadere”, di inventarsi qualsiasi cosa, pur di riuscire a vendere un prodotto od un servizio, non è di facile digestione per il mio organismo.

La sento una forzatura. Una strada obbligata che non porta alla creazione di nuovo valore, di utilità, di conoscenza, o di relazioni con altri esseri umani. Una forzatura perché rimpiazza il valore, il cuore e le relazioni, con il numero di visitatori, gli incassi e i profitti.

Cosa voglio dire?

Se è vero che così tanti esseri umani spendono la maggior parte della loro vita nel fare cose cui non sono interessati ma che consentono loro di guadagnare dei soldi, per poter sopravvivere ed eventualmente fare ciò che a loro sta realmente a cuore, mi domando quanto migliore potrebbe essere un mondo dove ognuno avesse la possibilità di guadagnare facendo da subito ciò che realmente gli interessa.

Se i soldi che un imprenditore o un’azienda realizza serviranno poi ad avere tempo per studiare, creare, scoprire, viaggiare, scambiare e condividere con altri, perché alienare per tanto tempo queste ambizioni invece di metterle da subito al centro del proprio percorso di vita?

È obbligatorio creare aziende e servizi costruiti solo per produrre ricavi? Oppure è possibile creare valore, relazioni e servizi che soddisfino direttamente i nostri sogni, le nostre vocazioni ed ambizioni primarie, e dove il guadagno diventa una conseguenza naturale dell’aver realizzato qualcosa di realmente utile e richiesto?

Se non crei qualcosa di utile, di speciale, di realmente interessante per aprire un dialogo con il tuo pubblico, con i tuoi collaboratori e i tuoi partner, ma ti preoccupi solo di far crescere i numeri che rappresentano l’andamento economico della tua azienda, forse c’è qualcosa di importante che dovresti prendere in considerazione oltre al fatturato.

La tua capacità di trasmettere fiducia. La tua credibilità.

Non la tua simpatia. Non la tua affabilità. Non la tua capacità di vendita. Ma piuttosto quanto le persone si affiderebbero a te personalmente se il tuo prodotto o il tuo servizio non ci fossero più. Questa è la linea di confine.

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