26/07/10 By Andrea

Love Parade: l’unione fa la forza…nel bene e nel male.

E’ su tutti i media l’evento tragico accaduto a Druisberg.

Un evento collegato ad un rischio possibile quando si parla di gruppi, soprattutto quando il numero dei componenti è enorme.

L’unione fa la forza, si dice. Ed è vero, nel bene e nel male.

La forza che emerge da un gruppo ha una sua caratteristica peculiare, una sorta di “intelligenza” propria, uno “spirito” preciso che agisce al di sopra della volontà del singolo.

E questa è una grande possibilità. Quando una squadra di un qualsiasi sport permette l’emergere di questa forza i singoli giocatori, pur mantenendo i loro ruoli, “spariscono” per lasciare spazio alla potenza di una “singola fiamma”. Lo stesso quando un team aziendale lavoro all’unisono per raggiungere un obiettivo comune.

E’ il “potere del cerchio”, conosciuto fin dagli albori dell’umanità, usato per creare coesione sociale ma anche, in alcuni rituali, per far “discendere” la divinità ricercata, quell’energia archetipica che conferiva la sua specifica qualità, donando conoscenza e poteri particolari.

Tutto questo sembra molto positivo, e lo è. Ma…c’è un ma.

In questi contesti ci sono alcune variabili importanti: la consapevolezza di ciò che si sta facendo e un contesto appropriato (che include un adeguato rapporto fra numero di componenti, spazio adibito e numero di “protettori”), con la vigilanza e la protezione di un leader e dei suo “aiutanti”.

Queste variabili permettevano allora di “contenere” anche aspetti meno positivi, come ad esempio la forza emergente di un rituale terapeutico che poteva essere anche “negativa” (con lo scopo di “esorcizzare” la forza specifica o addirittura trasformarla in una nuova risorsa, un po’ come può accadere oggi in un setting psicoterapeutico).

Ma qual’è il rischio se inconsapevolmente si creano le condizioni per la manifestazione di un’energia come quella del panico? (panico deriva da Pan, una divinità ellenica il cui significato archetipico richiederebbe un post a parte).

Soprattutto poi, se non c’è un contesto adeguatamente protetto?

Contesto di gruppo + setting non adeguato + inconsapevolezza delle dinamiche psicologiche di gruppo = Grande, grandissimo rischio.

La condivisione è uno dei valori più importanti e tra i più dimenticati di questa epoca.

Ma inconsciamente nessun essere umano può rimuovere questo bisogno che, ad un livello più elevato rimanda ad un desiderio: il desiderio di unità, di trascendere il piccolo ego per unirsi ad altri e permettere l’emergere (o il discendere se vogliamo) di qualcosa di più grande, che è più della somma delle parti.

Il gruppo allora può diventare una grande risorsa e, dicevo, inconsciamente ognuno lo sa.

Ecco perché, laddove manca lo si va a cercare, a qualunque costo!

E, purtroppo, come in questo caso, il costo è stato davvero elevato.