04/10/21 By Andrea

Psicologia Transpersonale e Pratiche Spirituali

Una delle caratteristiche peculiari della visione propria alla psicologia transpersonale è concepire, come nella Filosofia Perenne e le tradizioni ancestrali dell’umanità, l’esistenza della dimensione del Sacro e delle Forze Archetipiche, e la possibilità di entrare con esse in contatto, per attingere conoscenza, guarigione e potere.

Jung ha introdotto nella modernità occidentale il concetto di Archetipo, rendendo possibile tra le altre cose il fatto che oggi è un termine, con la consapevolezza o meno del suo reale significato, utilizzato nel linguaggio comune. Così come ha fornito, insieme ad altri, uno studio molto approfondito dei simboli che fungono da “ponte” per l’accesso alla comprensione delle Forze che rappresentano i principi che strutturano l’esistenza psichica dell’essere umano.

E attraverso la sua psicologia analitica ha costituito un modo per diventare coscienti delle implicazioni di queste istanze nella nostra vita, nella nostra salute e nella nostra evoluzione. Assagioli, con la Psicosintesi, fornisce altri strumenti ancora per lavorare con queste qualità e con i simboli che ad esse collegano.

James Hillman, spingendo ancora oltre il lavoro di Jung e ricollegandosi soprattutto alla tradizione mitologica della Grecia antica, porta (o ri-porta) in evidenza la presenza costante di queste divinità dalle quali, tentando di scappare, siamo soggiogati, rivelandosi in noi sotto forma di nevrosi e patologie. È solo prendendone coscienza che potremmo da un lato liberarci da esse, dall’altro riceverne la forza e le risorse specifiche che ci spingono avanti nel processo di individuazione.

Se andiamo però ad osservare le tradizioni millenaria dell’umanità, che sono state fonte di ispirazione per lo stesso Jung e Hillman (come per Freud, in realtà), ci accorgiamo che tali Forze Archetipiche erano non solo prese in considerazione, ma considerate molto di più che istanze intrapsichiche: esse erano percepite come forze oggettive, creatrici della realtà e gli eventi, che influenzano costantemente, strutturandone continuamente la conformazione.

I miti di ogni popolo, per quanto ad una lettura superficiale possano sembrare poco più che ingenui racconti per bambini, forniscono indizi per comprendere queste forze e ad esse connettersi.

E, come abbiamo già visto, cerimonie, esercizi corporei, mantras, rappresentazioni pittoriche fornivano i simboli che permettevano, come porte magiche, l’accesso al potere delle Forze alle quali connettevano.

O meglio, i simboli, da soli, davano una direzione a chi li contemplava finché, nell’entrare in relazione estatica con essi (diventando i simboli), accadeva la trasformazione alchemica per cui il simbolo (la tecnica) si vivificava (o meglio, veniva vivificata da chi la sperimentava), e, nel mistero dell’unità, l’Archetipo (la divinità) si manifestava.

A seconda della tipologia di pratiche e dalle specifiche tradizioni, si poteva manifestare esternamente al soggetto, oppure il soggetto nell’estasi intraprendeva  un viaggio nel quale incontrava la divinità per ricevere insegnamenti o guarigione, o ancora, il soggetto “incorporava” la divinità, assorbendone così i poteri corrispondenti.

La meditazione sui simboli era anche via di Conoscenza, per comprendere il funzionamento dell’universo e di quelle Leggi che lo regolano.

Una differenza sostanziale, fra queste tradizioni e gli approcci propri della psicologia dinamica, è che gli Archetipi non si conoscono attraverso interpretazioni, più o meno valide, ma entrandoci in contatto (entrando in Transe con essi) per realizzarli interiormente, piuttosto che capirli.

Scrivere al passato non è corretto. Infatti, anche se non sempre visibile ad uno sguardo superficiale, tali caratteristiche rimangono identiche all’interno di alcune tradizioni e vie, come ad esempio il Buddhismo Vajrayana, Veicolo del Diamante o Veicolo della Folgore, nel quale, tra le altre pratiche (è una via iniziatica estremamente complessa e gran parte trasmessa da Maestro a Discepolo), ve ne sono molte basate sulla visualizzazione di immagini simboliche, rappresentanti i diversi Buddha e le diverse divinità contornate da vari oggetti, colori o forme dal significato profondamente simbolico, ognuna collegata ad uno o più Principi specifici.

Tale visualizzazione conduce gradualmente il praticante, nei vari livelli di profondità della meditazione, all’unione con la visione, per cui egli alla fine non sta più visualizzando una divinità o meditando su di essa, ma giunge ad esserla, ottenendo in sé quei poteri che le sono propri.

Allo stesso modo, anche se non sempre questo viene considerato, le varie posizioni Yoga (Asana) che si assumono, anche in contesti non particolarmente connessi ad una ricerca spirituale, non sono semplicemente esercizi di stretching, ma veri e propri simboli, assumendo fisicamente i quali si “evocano” gli Archetipi connessi per riceverne le qualità. 

Questo è evidente nei nomi date alle posture Yoga, per nulla casuali, alcune più collegate alla natura, altre più direttamente archetipiche (posizione della Montagna, posizione del Cobra, del’Aquila, posizione dell’Eroe, posizione del Guerriero etc..).

Anche le tecniche di respiro (Pranayama), oltre ad essere tecniche energetiche specifiche, hanno una loro valenza simbolica e geometrica (ad esempio, una respirazione a quattro fasi di identica durata – inspiro, ritenzione, espiro, ritenzione – rappresenta una respirazione quadrata, rimandando a tutto ciò che il quadrato significa).

Anche i Mantra sono modalità sonore (che rappresentano i “nomi” delle Forze cercate) per attingere alle qualità ricercate.

Così come, nelle pratiche di concentrazione su simboli precisi, o di visualizzazione, o di meditazione sui Chakra (dove, tradizionalmente vi sono associati simboli geometrici, mantra, animali e divinità), ci si avvicina a quelle tecniche del Vajrayana di cui si è detto.

Lo stesso vale per il Tai Chi Chuan e le Arti Marziali in generale.

I movimenti prendono nomi connessi agli elementi, o le forme collegate ai vari animali, per poter attingere, in questo caso in modo più dinamico rispetto allo Yoga o alle visualizzazioni, ai poteri propri di quei Principi.

Anche, per fare un esempio occidentale, tutta la Magia del Rinascimento, in modo apparentemente diverso, proponeva la possibilità di evolvere in conoscenza e potere attraverso la contemplazione dei Principi Universali e le loro manifestazioni nell’esistenza tutta. Le tecniche mnemoniche di Giordano Bruno, ad esempio, (che hanno ispirato molte delle attuali tecniche di potenziamento della memoria), non erano semplicemente finalizzate al miglioramento di una funzione cognitiva.

Il Mago si addestrava a riconoscere in ogni elemento dell’esistenza la manifestazione di un Archetipo, collegandolo nella propria mente al Principio generante, così da contenere interiormente, come una sorta di “catalogo gerarchico”, le strutture sottili e causanti dell’universo visibile e, via via, i loro effetti sempre più densi e molteplici, in uno schema ordinato che dall’Uno conduce ai Molti e viceversa.

La Biotransenergetica (metodologia moderna nata nel contesto della Psicologia Transpersonale) allineandosi alla visione delle tradizioni antiche, considera le Forze Archetipiche come campi di Forza trans personali (che trascendono cioè gli aspetti intrapsichici dell’essere umano), coerentemente col modello di Psiche di cui si è scritto precedentemente.

Nel caso specifico eredita le forme simboliche di contatto con gli Archetipi proprie della tradizione afro-brasiliana, così che le ”divinità” sono gli Orixàs, ognuno dei quali ha una mitologia che ne descrive il “carattere” ed è connesso a  determinate qualità.

Così ad esempio Ogun è il guerriero, la forza rossa, il metallo, la determinazione, l’atto di volontà, colui che sa ciò che vuole e sa come ottenerlo, esprime il Principio di Sopravvivenza ed è assimilabile a Marte della tradizione occidentale.

Oppure il Principio di Generazione, il grande mare, la Grande Madre compassionevole, è Iemanjà, assimilabile a Venere.

Attraverso opportuni movimenti, mantra, canti, immagini simboliche, pratiche specifiche, tocchi o soffi, (ma anche stando a contatto con gli elementi naturali ad associati) è possibile stabilire con essi quel contatto che ne permette l’assimilazione dei poteri, o l’emergere di insights o visioni e insegnamenti, oppure ricevere la guarigione relativa ad aspetti precisi della nostra storia personale.

Una cosa fondamentale da ricordare, che vale sia per il lavoro analitico che quello più  “realizzativo”, è che nel mondo delle Forze Archetipiche non valgono i concetti limitati e limitanti di positivo e negativo a cui siamo abituati nel pensiero ordinario.

Questo significa che in un approccio più espanso a questi concetti, e proprio della visione tantrica, non vedremo un sintomo, un’emozione negativa o un’immagine poco rassicurante come qualcosa di “altro” dalle Forze Spirituali, ma come espressioni “in ombra” delle stesse che vanno contattate e ricondotte, in un atto di trascendenza e trasformazione alchemica, alla loro sorgente Archetipica, “purificandole” e traendone forza e saggezza.

Tutto questo, sembra evidente, riconduce ad una difficoltà nel poter rispondere con la scienza meccanicistica ai quesiti che possono sorgere relativamente al contatto con una dimensione spirituale, o comunque non visibile ai sensi fisici.

Come è anche vero che il mondo attuale pullula di presunti maghi, veggenti, medium in grado di parlare con gli Angeli o ricevere informazioni da dimensioni più sottili.

Richiamare in causa un approccio all’indagine che integri gli aspetti logico-razionali, i dati, le prove evidenti alle esperienze soggettive e tenga conto dell’evoluzione coscienziale del soggetto che sperimenta, diventa ancora una vota il modo per non cadere nella dualità scienza-misticismo.

In ogni caso, esistono attualmente alcuni ambiti di studio che possono fornire elementi di verifica oggettiva relativamente all’esistenza di Forze strutturanti l’esistenza e l’esperienza.

Nel campo della biologia e della fisica si fa sempre più strada la consapevolezza di una visione sistemica e olistica dell’universo che rivela l’esistente come un insieme gerarchico di sistemi interconnessi, un oceano di campi vibrazionali che si influenzano incessantemente. 

Un’ipotesi interessante che sta emergendo è la recente teoria delle superstringhe spiegata da Brian Greene nel suo libro “L’universo elegante”, la quale suggerisce la possibilità che tutto ciò che esiste nell’universo è il risultato di singole vibrazioni, ultramicroscopiche, che determinano in modo ordinato la costituzione della materia.

Di certo, introdurre all’interno di un contesto terapeutico o formativo un elemento come l’Archetipo inteso come qualcosa di oggettivo, vivo e non puramente concettuale o psicologico, e rifarsi ad una Filosofia Perenne come presupposto filosofico e scientifico, significa evocare l’idea di una Tradizione e quindi, in qualche modo, entrare nel merito di cosa questo termine significhi.

“Tradizionale” è una parola usata spesso per riferirsi a qualcosa di antico, se non addirittura anacronistico, obsoleto, o per idee, precetti o abitudini consolidate nel tempo alle quali aderire meccanicamente o ribellarsi.

Di fatto Tradizione significa “consegna” o “trasmissione”, e sta quindi ad indicare il passaggio, da essere umano a essere umano, “da Cuore a Cuore”, di qualcosa che, evidentemente, vale abbastanza da dover essere conservato di generazione in generazione.

Nella tradizione afro-brasiliana il termine Axé sta ad indicare proprio quella forza che deriva dalla connessione con l’ancestro, la forza delle tradizioni, delle origini.

Si tratta di quel quid che conferisce ad una manifestazione il suo valore sacro e permette di riconoscerne la sua natura divina.

Jung ha portato l’attenzione sull’esistenza di un inconscio collettivo che accomuna tutti gli esseri umani rappresentando così un “serbatoio” della psiche i cui contenuti essenziali sono universali, variando soltanto nelle soggettive interpretazioni.

Joseph Campbell, ispirato da Jung, attraverso una mitologia comparata, approfondisce il tema dell’esistenza di simboli e miti comuni a tutte le culture, conferendogli ancora più credibilità.

In tutt’altro campo d’indagine, quello dell’archeologia, emergono elementi che proverebbero l’esistenza di civiltà precedenti alla nostra, custodi di una vasta sapienza che riecheggia in quella dei miti e racconti della nostra.

Secoli fa, Giordano Bruno, crede nell’esistenza di un’unica sapienza che accomuna tutte le altre, e osa cercarla:

Si, ora il Nolano sorride. Ebbe nella sua cella, nel segreto della notte, al lume di una minuscola candela, la certezza di aver trovato quello che cercava. Le parole del suo primo compagno e maestro di studi, Giovanni da Corvino, erano vere. Esisteva una filosofia sopra tutte le filosofie, una conoscenza che unificava tutte le altre, una saggezza che superava ogni religione, e che assommandole tutte e mondandole delle superstizioni, le riconnetteva in una suprema visione. Era stato il suo primo impatto con la scientia scientiarum, come la chiamava prima Giovanni da Corvino, all’epoca della sua adolescenza e poi frate Gianni. Scienza delle scienze, la disciplina dei tre re magi, ovvero Tre Maghi: la Magia.

Da “Giordano Bruno: Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero” di Gabriele La Porta

Ogni persona può, da sola, rileggere la storia, i miti, le leggende e approfondire le tante tradizioni, più o meno complesse, di tutto il mondo, e accorgersi che esiste qualcosa che le accomuna, alcuni punti essenziali che sembrano ricorrere.

E rendersi conto di come, in fondo, nessuna di esse si è mai persa del tutto, mantenendosi viva anche senza l’apparente traccia della sopravvivenza della cultura di provenienza.

Basta vedere come le festività e i loro simboli, nel bel mezzo della luccicante e consumistica modernità, continuano a perdurare nonostante i tentativi di vietarle, e di come contengano ancora gran parte delle forme antiche, del loro significato e della loro magia.

Sebbene non sia possibile trarre conclusioni definite e credibili, sarebbe un grande errore storico e antropologico non tener conto di tutto questo, così come sarebbe poco saggio limitarsi a seguire tradizioni, rituali, precetti e prassi di tradizioni specifiche in modo superstizioso.

E’ come se esistesse una sorta di “codice segreto” che si è trasmesso nello spazio e nel tempo, pur non appartenendo a nessun luogo e a nessun periodo.

Che questo codice segreto sia un’istanza psichica che è propria agli esseri umani, come l’inconscio collettivo, al potere formante e informante di campi di forza, a modelli vibrazionali alla base dell’esistente, alla capacità innata dell’essere umano di attingere ad un “luogo della Verità”, o ad un’eredità di un sapere profondo e antico lasciata da qualche civiltà precedente, o che esso semplicemente, come direbbe Bob Dylan,  “sta soffiando nel vento”, può importare fino ad un certo punto.

Forse la Tradizione rappresenta l’insieme interconnesso di tutte queste cose.

E come ogni insieme è “più della somma delle sue parti”, la Tradizione è anche “qualcosa di più” di tutto questo. 

E può essere solo sperimentato direttamente.

Tratto dal mio libro “Mente attenta, Cuore aperto”, Edizioni ITI (Clicca qui per acquistarlo)



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